sabato 28 settembre 2013
Il segreto dell'isola
Il segreto dell’isola nelle opere di Anna Marchi
“Io quando sono nato, non ho aspettato che il giorno pieno,la perfezione della vita:ho sempre saputo che l’isola ,e quella mia primitiva felicità, non erano altro che una imperfetta notte…”(1)
Tu non devi capire la vita:/ allora diventa una festa./ Lascia a ogni giorno il suo corso/come fa un bimbo in cammino/ che da ogni brezza/ si fa donare dei fiori./ Di radunarli e metterli da parte/ non viene in mente al bimbo,/ se li toglie ogni volta dai capelli/dov’erano felici prigionieri,/ e alla sua cara gioventù tende le mani,/che gliene porga sempre di nuovi.(Rainer Maria Rilke) .
Il mondo segreto dell’infanzia è protagonista delle nuove opere di Anna Marchi. Pueri e puellae tessono una sorta di viaggio iniziatico che, dalla puerizia immersa in un mondo atemporale, incontaminato, idilliaco, li trasporta nella dimensione brutale dell’età adulta, che non contempla, né ammette paradisi” fuori dal limbo non v’è eliso”.(1)
I pueri di questo progetto, per il quale l’autrice dichiara di essersi ispirata a leggende e fantasie nordiche ma che si ritrovano in variegati testi e versioni nel patrimonio mitico di molta parte della cultura occidentale e orientale, sono illuminati e avvolti da squarci di luce che li elevano a dimensione sovrannaturale.
Il puer presta la sua voce ad Anna nei frequenti “a solo” di pennellate calde, morbide che sperimentano ancora una volta un uso del colore che si espande e diffonde liquefacendosi in ondate e nubi dalle quali prendono forma corpi lisci di animali e membra tornite di bimbi. L’uso dei materiali usati è vario; pastelli, carboncino, olio, acquarello, matite i cui tratti si dileguano o spiraleggiano…fuggono su delle tele preziose che si fanno drappi garzati dietro e dentro cui la figura prende forma, si nasconde, allunga i suoi contorni mai spigolosi, sempre lisci e smussati per dare pienezza e rotondità. Sono corpi che trovano il loro alveo ideale avviluppandosi su altri corpi più che mai sicuri di animali marini dalla pelle lucente: la foca, il delfino. In quali grembi più possenti trovare riparo! Simboli di una natura primigenia, abitatori del mare, emblemi della natura come forza vitale in un mare che è il mare della fanciullezza incontaminata.
Ed ecco che la pittura stende un ponte tra uomo e natura, un nuovo legame che, seppure suoni nostalgico, pur sempre ci ricorda equilibrio, ci appartiene.
Certo è che in questa atmosfera da fiaba intrisa di cultura raffinata della quale si nutre e si fa portavoce sensibile, Anna Marchi imprigiona i protagonisti-l’animale e il cucciolo d’uomo-“ad-densandoli” sulle tele,come a voler rendere il bambino alla natura e dando quindi a quest’ultima il suo ruolo di madre accogliente, di “porto quiete”, di potenza vivificatrice.
Ma, come in ogni fiaba, non mancano le note inquietanti, i fugaci rimandi e gli allusivi richiami ai pericoli, agli agguati. In certe opere infatti, è come se le figure fossero prigioniere di un mondo illusorio, ghiacciato che svelerà la sua verità. Sono allusioni ad un mondo che nell’infanzia di molti si è rivelato trappola insidiosa, covo di inganno, scenario del dubbio. L’infanzia preludio di innocenza si apre alla menzogna di un mondo che, privo di natura e dei suoi elementi animale-acqua, scatena il disastro, genera tragica solitudine. Lo scandiscono bene le opere di piccolo formato, bozzetti acquerellati che, nel susseguirsi dei volti, ritratti di bambini, esprimono sequenze incisive di sguardi nella cui immobilità si fissa un silenzio carico di enfasi drammatica. Ed ecco , dal silenzio, apparire “Denise”..tante Denise!
La mitizzazione dell’infanzia esiste solo come puro desiderio, illusione. Il connubio uono-animale suona dunque irreale, fantastico e, sul piano pittorico, certi tratti espressionistici alla Brucke o Kokoska lo lasciano alla fine intravedere e l’arte se ne fa carico sfidando ogni possibile caduta nella retorica. Se l’artista si avvale della perizia e conosce la raffinatezza è sempre in grado di stagliarsi come esempio eloquente. Le pennellate di A. Marchi oltre che decise e sicure sul piano tecnico alla ricerca della pittura degli antichi!-negli sfumati, nel gioco lento di luci e ombre, nei tenui richiami ai colori aurorali dei mattutini momenti della puerizia, intrinsecamente si accompagnano sul piano del contenuto e dell’immagine a veri e propri exploit di poesia profonda, sostanziale. Poesia dello sguardo dell’artista che si posa lento e grave sulle piccole forme emblemi di vita incontaminata e immortale, poesia per lo sguardo di chi non si stanca mai di nutrirsi solo di bellezza ed emozioni.
Caterina Spiga
(1)Elsa Morante, “L’Isola di Arturo”
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