25/12/2007
La Famiglia Bellelli- dipinto di E.Degas
Un ritratto di famiglia
Nell’ambito del mio lavoro di psicoterapeuta ho sempre ricercato un confronto con l’arte,con finalità e premesse diverse da quelle che caratterizzano l’approccio psicoanalitico.
In particolare ,nell'ambito della terapia familiare,viene da molto tempo sentita da più parti l’esigenza di trovare un linguaggio che sia condivisibile e al tempo stesso capace di tradurre al meglio la complessità dell’esperienza terapeutica.La letteratura e la poesia sono così diventate palestre di ricerca e di sperimentazione per molti terapeuti e studiosi di formazione sistemica,relazionale e familiare per i quali la consapevolezza di operare entro sistemi complessi ha comportato uno sforzo che va molto aldilà di una tecnica per alleviare sofferenze psichiche.In secondo luogo,per Keeney, la terapia stessa deve tendere ad essere estetica ,cioè deve divenire un’opera d’arte, intesa come luogo privilegiato in cui si esprime il modo esemplare di conoscere il mondo, modo in cui si esplica un processo ricorsivo,dialettico,tra processo e forma.
Si tratta,dunque.non soltanto della ricerca di un linguaggio adeguato ma del bisogno di fare arte nella totalità della esperienza terapeutica.Per Bateson, infatti, l’arte è per sua natura correttiva in quanto "...la pura razionalità finalizzata senza il soccorso dell’arte ...è di necessità patogena e distruttrice di vita ", producendo visioni riduttive della realtà,mentre l’opera d’arte è la forma che assume l’integrazione di molteplici livelli consci ed inconsci della vita psichica.dunque,in un certo modo,indice di salute.
Nel linguaggio poetico c’è,infatti, assoluta aderenza tra fatto percettivo e coscienza razionale:si ipotizza,infatti, che la distinzione tra mappa e territorio sia tracciata solo dall’emisfero dominante,razionale, mentre l’emisfero simbolico o affettivo sembra incapace di distinguere il nome dalla cosa nominata
Inoltre,quando c’è pensiero o percezione oppure comunicazione sulla percezione, vi è una trasformazione tra la cosa comunicata e la sua comunicazione,per cui i messaggi verbali non coincidono spesso con le percezioni.Ci sarebbe un salto, dunque,tra gli uni e le altre, in cui si può insinuare la falsificazione ,il rischio dell’inautenticità. Ma che cosa consente al linguaggio stesso di assumere caratteristiche di saggezza, qualità e autenticità come nel caso della poesia?La chiave di questo mistero,per Bateson, è possibile si trovi nell’immagine o "dispositivo iconico" : "ogni percezione conscia ha le caratteristiche di un’immagine...il fenomeno della trasformazione delle immagini, forse, è un metodo vantaggioso o economico per far passare informazioni attraverso un qualche genere di interfaccia ...in quanto esseri umani siamo costruttori di immagini mentali...e sarebbe logico congetturare che i mammiferi formano immagini perchè i loro processi mentali devono attraversare molte interfacce..."
Secondo lo psicologo della Gestalt R.Arnheim,nel linguaggio di uno scrittore o di un poeta c’è assoluta armonia tra fatto percettivo e intellettuale, e ciò avviene non a causa di proprietà inerenti al medium verbale in sè",ma in quanto il linguaggio poetico è capace di evocare immagini.
Infatti, per Arnheim, l’immagine è il medium del pensiero e il pensiero visivo è alla base della creazione del mondo e della conoscenza;nell’immagine creata nel percepire e, allo stesso tempo,presupposto del percepire,si concretizzano e si risolvono problemi vitali.
Di immagini,intese non come passive impressioni dei sensi, ma come complesse operazioni del pensiero o "codificazioni e proiezioni a molti livelli"si occupano terapeuti relazionali come P.Caillè,per il quale le "sculture della famiglia" prodotte e agite in terapia sono un esempio in cui "i livelli di percezione consci e inconsci possono correggersi in maniera circuitale."
Su queste basi che, a mio parere ,possono offrire lo spunto per approfondimenti, propongo come terapeuta relazionale e come pittrice, la "lettura" di un’opera dipinta da Edgar Degas, un noto quadro rappresentante la" Famille Bellelli".,il ritratto della famiglia degli zii italiani del pittore francese.
Nella verbalizzazione su qualcosa che in sè incarna il suo specifico linguaggio,tenterò di non cadere in interpretazioni e mi sforzerò di ricercare i modi in cui l’artista ,mediante un linguaggio percettivo,risolve "quel formidabile problema di traduzione che la mente conscia incontra quando ha l’accesso agli algoritmi del cuore."
Suggestivamente, la "Famille Bellelli"rimanda l’idea di una famiglia autentica, non idealizzata: la verità à infatti l’impronta e l’impegno di tutta l’opera di Degas.Sulla sinistra del dipinto, c’è una madre in piedi, la mano destra posata sulla spalla della figlia maggiore,una madre dall’aria severa e lo sguardo lontano.Il padre è seduto un pò distante, sull’estremità destra del quadro,appartato,quasi difeso dallo schienale della poltrona,intento a scrutare le sue carte....c’è poi una bambina in mezzo al gruppo, la figlia minore, in una posa insolita per un ritratto,arrampicata sull’orlo di una seggiola, una gambetta piegata sotto l’ampia gonna scura,il viso proteso verso il padre.
E’ evidente,a prima vista, un’atmosfera emozionale di contenuta malinconia.
Come sottolinea R.Arnheim, chi coglie intuitivamente il valore di un’opera d’arte, può far parlare l’opera stessa arricchendo l’intuizione globale mediante informazioni sul contenuto, sulla storia dei personaggi ritratti,sul pittore stesso e sul contesto culturale in cui il quadro fu dipinto. tutte queste informazioni formano, infatti ,stratificazioni di significati che, insieme all’analisi dei valori formali, possono contribuire ad una comprensione maggiore fino ad una organizzazione differente della visione stessa.
Quando, nel 1869,il ventenne pittore parigino Edgard Degas,giunto in Italia per il suo pellegrinaggio d’arte,fu ospite degli zii italiani Bellelli a Firenze,questi ultimi si erano appena riuniti dopo una triste e tormentata serie di vicende.Per la prima volta, essi si trovavano in una vera casa, anche se dagli aviti palazzotti napoletani:di tutto il sontuoso arredo di famiglia avevano conservato solo un tavolino, quello su cui nel quadro, poggia la mano sinistra della baronessa madre,qualche seggiola e il ritratto del nonno Renè Degas, il patriarca da poco defunto.Clotilde Anna Laura Bellelli Degas,detta Laurette,era la secondogenita del banchiere parigino Renè Degas,che,trasferitosi a Napoli dopo la Rivoluzione Francese,aveva sposato una nobile napoletana,Rosina Freppa,la quale gli diede molti figli,tra cui Auguste,il padre di Edgard,anch’egli banchiere.La famiglia Degas era,dunque, una tranquilla e agiata famiglia di banchieri in cui regnava il culto del focolare, sostenuto dal grande affetto che legava Renè e Rosina, testimoniato dall’epistolario rimastoci, in cui traspare un caldo amore di coppia.
L’avvocato Gennaro dei Baroni Bellelli apparteneva, invece, ad una nobile famiglia del salernitano e ,carbonaro e federalista, si era votato alla causa del Risorgimento.
Dopo l’attiva partecipazione ad un moto popolare antiborbonico a Napoli, in cui rimase ucciso un giovanissimo nipote, figlio della sorella di Laurette, da Gennaro stesso instradato verso gli ideali liberali,la famiglia Bellelli trascorse tristi vicende.
Gennaro in esilio,vagava tra la Francia e l’Italia, mentre Laurette passava lunghi periodi di distacco dal marito nella casa paterna, a Napoli. Egli potè conoscere la secondogenita Julie solo qualche anno dopo la nascita.
Dopo la definitiva condanna a morte dell’esule e la confisca dei beni suoi e della moglie.quest’ultima si decise a lasciare Napoli per Firenze,dove la famiglia si ricompose .Ma anche a Firenze,nulla poteva distogliere Gennaro dal suo impegno patriottico.Nel futuro d’Italia si profilava, però. una realtà diversa dai suoi sogni di federalista, come ben sappiamo.
Il lutto per la morte del nonno Degas e, forse, il disagio per l’inevitabile confronto tra le disillusioni reciproche dei due coniugi, caratterizzavano l’atmosfera emozionale da cui il giovane pittore,giunto dalla Francia ospite a Firenze per il suo "Tour d’Italie", fu investito e coinvolto a casa degli zii.
E’ significativo tener conto che la famiglia Bellelli non posò mai,in realtà, per il pittore, in senso tradizionale.Il dipinto,infatti,nasce a Parigi,nello studio di Degas, da un lavoro di ricomposizione ed elaborazione di una serie di bozzetti presi dal vero,come è caratteristico di altre opere dell’artista.
Certo è che questo entrare ed uscire di Degas dal coinvolgimento emotivo, richiama il lavoro del terapeuta familiare, quando crea la "mappa"della famiglia, con una sostanziale differenza:una mappa familiare in terapia non è che una illustrazione semplificata di un’ipotesi, mentre il dipinto , questo dipinto di famiglia "incarna"l’ipotesi con il liguaggio complesso e multilivello ,del simbolo.Se osserviamo il dipinto come una mappa familiare,la figura imponente della madre, il volto sottolineato dalla luce e le due bambine, anch’esse vestite a lutto come la madre,sembrano far pesare nella composizione la predominanza del femminile, impressione fortificata dal fatto che il padre è ritratto di spalle e quasi nascosto dallo schienale della poltrona su cui è seduto.
I critici d’arte di impostazione psicoanalitica hanno discusso molto su una presunta misoginia di Degas, riferita alla sua predilezione a cogliere le donne in pose poco classiche e, in particolare per questo dipinto,sull’identificazione dell’artista con la zia,piuttosto che con la figura maschile,considerata sacrificata in confronto agli altri componenti della famiglia.Altri critici si sono più soffermati sull’infelicità del matrimonio degli zii di Degas ,quasi fosse questo il tema dell’opera;si è anche arrivati a suggerire che Degas non si sarebbe mai sposato a causa del "fallimento " del matrimonio della zia :Certo è che l’eco delle tensioni della coppia ci è giunto anche dall’epistolario dei coniugi Bellelli,tanto parco di espressioni di affetto da apparire persino freddo e convenzionale.Tutte queste informazioni, però, possono evitarci riduttive interpretazioni:ricordiamo, con Arnheim,che l’opera d’arte dev’essere affrontata nella sua globalità.
I singoli elementi della composizione,infatti,analizzati nel contesto dell’opera,unitamente alla storia della famiglia,possono aprire altri orizzonti.Se analizziamo i patterns pittorici di questo dipinto troviamo che,se effettivamente le figure femminili hanno grande peso nel dipinto,la figura maschile è ben lungi da essere sacrificata.Infatti,mentre madre e figlia maggiore,unite dal contatto fisico, dalla luminosità del colore,formano una massa potente e solida in un punto di primo impatto visivo,la figura paterna, sebbene sfumata nei particolari e avvolta nell’ombra,occupa un luogo importante nella composizione,la base del quadro.La figura della piccola Julie, al centro della composizione,si trova in un punto essenziale,intorno al quale ruotano le componenti dello spazio pittorico:essa,instabile sulla seggiola,divide le zone di luce da quelle di ombra,caratterizzate dalla presenza,rispettivamente. del femminile e del maschile,ma il suo sguardo rivolto verso il padre unisce psicologicamente i due nuclei compositivi.
Il coinvolgimento di Julie nel gioco delle tensioni visive è drammatico: come viene trascinata nell’area materna a causa del medesimo colore delle vesti,allo stesso tempo, il potente pattern visivo dello sguardo la trasporta verso l’area paterna.La stessa posizione insolita,la torsione del collo e della testa,sembrano rappresentare un dramma di equilibrio instabile tra opposte forze.Ecco che ciò che poteva essere interpretato solo come un coinvolgimento maggiore del pittore con il femminile,può essere considerato,lasciando spazio ad altri significati,un espediente pittorico e compositivo di tensione visiva,che riesce ad incarnare altre tensioni,come quelle interpersonali.Dalla storia sappiamo che Gennaro Bellelli potè,dopo poco tempo,tornare ad occupare un posto importante nella vita politica napoletana,ma morì pochi anni dopo.
Julie divenne depositaria delle memorie di famiglia e scrisse un libro sul suo celebre zio. Sappiamo,inoltre,che Degas non si separò mai dal quadro,che teneva appeso nel suo studio a Parigi,forse perché rappresentava la chiave di soluzione di un problema,non solo di composizione pittorica.La realtà presentata dal dipinto,affatto idealizzata ,sembra essere rappresentativa della complessità di un momento di equilibrio di un sistema familiare,nell’intreccio dei livelli di percezione fenomenologica e mitica della famiglia del pittore edella cultura ottocentesca.E,forse, a livelli diversi, in cui non vale più la razionalità ma l’intuizione ,l’opera rappresenta una soluzione del Problema della polarità tra maschile e femminile,tra luce ed ombra,in cui si dibatte la vita stessa, a partire dalla sessualità fino alle astrazioni intellettuali più rarefatte.