mercoledì 20 luglio 2011

Annamarchi

1)Mi chiamo Anna Marchi . Certamente qualcuno comincerà a sorridere : questo nome mi ha dato problemi fin da prima dell’avvento della maga Wanna: infatti da adolescente la mia identità era già minacciata da una omonima che viveva nel mio palazzo al piano di sopra . Poiché già da allora avevo una fitta corrispondenza con tutti i contattasti UFO italiani e sardi, del terzo o quarto tipo,vivevo nell’ansia continua di veder violata la mia importante privacy postale.perciò spesso ho invidiato gli americani che si cambiano facilmente nome..Ricordo ancora,a quattordici anni ,lo sforzo disperato per strappare un pacco misterioso che mi aveva mandato la rivista Clipeus a cui collaboravo,dalle mani del marito delle mia omonima,che ,guardandomi dall’alto in basso, non si capacitava di dover mollare.Con l’avvento della famosa Wanna! Beh, ho cominciato a firmare con il solo cognome dal 95 , cioè da quando ho cominciato a pensare di fare sul serio , non a dipingere perché già lo facevo come autodidatta da sempre, ma a pensare di fare mostre.E poi ,qualcosa, forse un Ufo mi ha suggerito che poteva essere vantaggioso avere un nome simile a una persona che è nella testa di tutti, e ora mi piace anzi spesso lo scrivo tutto attaccato, come mi chiamavano le mie compagne di scuola :Annamarchi di qui, Annnamarchi di là.
2)la formazione. È difficile dire che cosa mi ha portato fin qua. Certo è che ho amato sempre esprimermi con il disegno e con i colori, prima imitando le illustrazioni dei libri di fiabe,specialmente fate e sirene poi disegnando i ritratti delle persone,poi i fumetti , infine il corso di pittura nella bottega di Video Anfossi e gli incoraggiamenti di Pietro Antonio Manca, (che mi aveva raccomandato,il grande saggio,di finire la facoltà di medicina, perché:”ragazza mia,solo pittura ahi! Ahi!)
Poiché purtrtoppo sono una che, in fondo, segue i consigli anche se a malincuore, sono diventata medico e anche psichiatra e psicoterapeuta familiare e relazionale. Quanto ha inciso la mia formazione di medico? Mi ha allontanato dall’ambiente artistico perché ho dovuto dedicarci molto tempo e spesso lo stress di una professione piuttosto delicata mi ha causato lunghi periodi di inattività per quanto riguarda la pittura più complessa come le composizioni ad olio.Per molti anni,infatti ho dipinto solo ad acquarello e acrilico.
Però , il lavoro mi ha permesso di viaggiare e farmi una cultura visiva dal vivo,in Italia e all’estero.e di essere in grado di dare una lettura alternativa o complementare a quella psicoanalitica nella comprensione delle opere d’arte, col mio bagaglio di scienza della comunicazione, come ho dimostrato, credo, nel saggio” Una famiglia in cornice” , pubblicato sulla rivista “Ecologia della Mente”e che trattava della “Famille Bellelli” di Degas.
3)Su cosa verte il mio lavoro? Mi dici che i miei lavori presentano numerosi riferimenti al mondo della letteratura, della filosofia, del teatro. Un arte indubbiamente colta. Devo ammettere che , essendo mio padre professore di lettere,latinista e poeta,ho avuto a disposizione una biblioteca immensa a cui ho sempre attinto per la mia grande passione per la lettura.
Parafrasando Isadora Duncan : se potessi parlarne, non avrei bisogno di dipingere.Il fatto è che le letture si sono sempre tradotte in me in un impulso a dipingere. I miti classici, ma anche le saghe nordiche, poeti come Goete ,Yeats, Novalis, hanno nutrito la mia fantasia
Per quanto riguarda i pittori ho avuto un vero culto per Raffaello.Ho guardato con attenzione gli impressionisti, specialmente Renoir e Degas, poi Cezanne .Poi ho scoperto De Pisis e il suo fare velocissimo e poetico mi ha affascinato con quel suo sconfinare inavvertito nella Metafisica, così diverso da De Chirico..Nel ’91, quando mi sono iscritta in Accademia a Sassari,(Ho fatto gli esami di ammissione!) vivevo una crisi terribile :avevo scoperto Balthus e contemporaneamente gli anacronisti , la transavanguardia e mi piaceva Schifano.Ahimè…..durante gli anni dell’accademia ho viaggiato parecchio e ha fatto indigestione di contemporaneità fino a farmi venire la sindrome di Stendal in una mostra enorme di Dubuffet. a Parigi.
Poi,sempre a Parigi sono entrata nell’atelier del misterioso Moreau e, io che viaggiavo con gli appunti di affreschi romani schizzati a Pompei ho avuto un insight: che cosa c’è di meglio del potersi esprimere in libertà con qualsiasi mezzo, senza preoccuparsi che una cosa sia nuova,o che incontri i favori del popolo o del potente di turno? Purchè funzioni, per te. E i miti ,se li senti attuali,si possono raccontare e anche tentare di dipingere,come faceva Moreau. O alla maniera di DePisis ed eccomi qui.
4) Come vedo il ruolo del critico?.
Mi è capitato , con critici che mi conoscevano, che scrivessero senza realmente capire il mio lavoro ma ciò che pensavano di me come persona.
Altri, invece ,basandosi esclusivamente sui dipinti, hanno saputo darmi sia il giudizio sul lavoro,sia aprire uno spiraglio su come sono io come persona.e come potrebbe evolvere il lavoro.
Si, penso che il ruolo del critico sia importante e delicato in un dialogo rispettoso con l’artista, perché con le parole si costruisce e si distrugge la realtà “sociale”di un artista., al di fuori di ciò che è il suo lavoro e ,se l’artista è debole o insicuro,potrebbe risentirne la creatività ,che dipende molto dalla autostima e dalla stima della critica.
5)Come vivo il rapporto con le persone che si occupano di promuovere e vendere il mio o lavoro? Sto sperimentando un periodo di grazia , perché ho stima e fiducia ,spero reciproca, di Sottopiano Beaux Arts e del suo entourage.
Due parole sulla mia ricerca? La mia ricerca e’l’espressione migliore che posso dare di ciò che sento sia importante per me e spero almeno per qualcun altro su questa terra in questo tempo.Da un po’ di tempo sto rivalutando la mia vecchia passione della pittura dal vero, per l’incanto delle luci, dell’aria e dei colori delle cose anche le più banali .Vorrei portare l’abilità aquisita in questo campo nei territori della metafora e del mito,che attualmente sono i luoghi in cui mi muovo nel mio lavoro.
Soddisfatta della critica e della stampa d’arte in Italia ?
Leggo tutte le riviste che trovo in edicola e quando qualcuna scompare mi dispiace. E’ bello conoscere tante realtà artistiche e ,nel tempo, seguire ciò che evolve e ciò che si ferma. Aggiungo che per me è attualmente internet il mezzo più importante per raggiungere tutte le gallerie del mondo e vedere i lavori degli artisti .
Chi mi ha influenzato? Molti , che ho già nominato , ma anche artisti dell’antichità, come la pittura romana, i pittori dei vasi greci, gli egiziani,e poi Raffaello,Caravaggio,Tintoretto, Pontormo,Domenichino, El Greco, e poi Delacroix, Manet e tutti gli impressionisti, Odilon Redon, Moreau,Gauguin,Kokoska,Picasso, Sironi.:non ho mai copiato, ma ho carpito qualcosa che mi risolveva in quel momento un problema compositivo o coloristico .Dare soluzioni ai problemi tecnici ed espressivi penso sia l’unica evoluzione di cui si possa parlare in arte e cercare in coloro che ci hanno preceduto tali soluzioni per un pittore è crescere, non copiare.
Un artista deve saper parlare del proprio lavoro?
Penso proprio di si, anche se a me spesso viene un attacco di balbuzie .Personalmente preferirei scrivere.
Ciao.
Annamarchi
(Questa intervista è stata pubblcata sul webmagazine 2 righe dall'amico pittore Andrea Gennaro Aversano)