sabato 28 settembre 2013

"2007-la prima mostra a Cagliari-L'estasi del silenzio

23/12/2007 L'estasi del silenzio Ecco uno dei miei lavori, un olio su carta (dim.70x100) presentato l'anno scorso a Cagliari presso la Galleria Sottopiano Beaux arts,in una mostra intitolata "L'estasi del silenzio". La professoressa Caterina Spiga ha scritto per l'occasione un commento molto bello, in cui ho ritrovato realmente qalcosa che parlava proprio del mio lavoro e non , come spesso succede,una critica che riguarda più chi la fa che i quadri in questione. Grande,placida,come in un fresco,luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la luna... 23/12/2007 L'estasi del silenzio b9864bef4b70d34ac216a1e47a42e8cb.jpgEcco uno dei miei lavori, un olio su carta (dim.70x100) presentato l'anno scorso a Cagliari presso la Galleria Sottopiano Beaux arts,in una mostra intitolata "L'estasi del silenzio". La professoressa Caterina Spiga ha scritto per l'occasione un commento molto bello, in cui ho ritrovato realmente qalcosa che parlava proprio del mio lavoro e non , come spesso succede,una critica che riguarda più chi la fa che i quadri in questione. Grande,placida,come in un fresco,luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la luna... E Ciaula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, la luna, col suo ampio velo di luce...ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura....nella notte ora piena del suo stupore.-L.Pirandello Scorre la storia dell’arte catturati dalle opere di Anna Marchi, autrice sassarese che, affermando ironicamente di "giocare sul non finito" ci fa ricordare in guizzi repentini tanti esempi insigni imprimendo immediati tocchi di virtuosismo. E’ il mito che viene dipinto con una forte dose di freschezza e originalità. Queste opere sono un bagno in un universo mitico e archetipico. Un universo femminile in cui ogni presenza vive una propria vita interiore in uno spazio dove volteggia, evapora solo il colore. Lo spazio è colore in cui il disegno si distingue emanando con curve e volute, sensazioni e stati di coscienza: E’ il colore unico affabulatore e commentatore-intrattenitore che si "esibisce" in uno spazio in cui linee molto spesso ampie tracciano sinuosità, rotondità di corpi che sprigionano energie destinate a non esaurirsi mai perché emergenti dalla terra che genera, inghiotte, assorbe, rigenera. Corpi muliebri che si concedono stati di abbandono e attesa preludio speranzoso di infiniti ozi verso intimità assolute. Nelle pennellate ardite, tese nella ricerca di cromatismi altrettanto inaspettati che molto spesso offuscano i margini della figura con i loro effluvi come in un hammam, il colore si fissa sulla carta come la porpora al tessuto. Il colore avviluppa come un peplo antico i contorni di queste figure e il cremisi, lo scarlatto, il carminio di certe pennellate ricorda quel "colore del Sangue coagulato, scuro alla luce riflessa e brillante in quella diretta" come ci fa sapere Plinio per "il colore di Tiro". Di notevole attrazione questo colore ferrigno, traslucido, che ci ricorda gli sfondi di bellissimi cammei, aumenta il suo fascino nel riportarci a quelle antiche tonalità rupestri e parietali il cui vigore cromatico propone ancora robusti impatti mentali. Il colore è per Anna Marchi la trasfigurazione pittorica di stati di coscienza intimi e paradigmatici: nella sua pastosità si ispessisce avvolgendo queste moderne metope ieratiche, immote e inaccessibili in un alveo tellurico, grembo riparato e appartato in cui non è dato udire neanche un sussurro. E’ un universo fatto di matres o fantasmi delle madri -Mutter come gli oscuri esseri del Faust (come preferisce suggerire l’autrice)- Korai, muse maghe, eroine che fanno appello a quella fermezza e solidità fatta anche di gesti estremi – come nella lirica e tragedia classica – che si offre senza appetiti né richiami o allusioni a possibili soddisfazioni terrene e carnali. Un mondo femminile che nella composizione tendente alla circolarità ascensionale ( le figure si dispongono sempre in cerchio ) vuole alludere ad un ordine patriarcale in cui una luce crescente, decrescente e continuamente rinnovantesi come quella lunare diventa motore vitale e pulsante di ogni presenza e composizione. Sono di volta in volta questi fasci di luce, provenienti da una fonte lontana, quasi sempre angolare e sullo sfondo, spesso così radiosa da sembrare irreale, a richiamare quella della luna "Signore archetipico delle acque, dell’umidità e della vegetazione, cioè di tutto ciò che vive e cresce. E’ il Signore della vita psicobiologica e perciò del femminile nella sua essenza archetipica, il cui rappresentante umano è la donna terrena… è nutrimento e fertilità … meta centrale dell’umanità" * L’Inno al dio-luna di Ur, esprime l’altrettanta pluralità degli aspetti di quest’astro e d’altronde chi di noi almeno qualche volta non ha sentito la forte attrazione da essa suscitata o non ha subito l’incantesimo delle atmosfere emanate? Tutto ciò risiede senz’altro nel suo essere "essenza archetipica", nell’essere simbolo della coscienza patriarcale, della Grande Madre. Kore, Demetra … vogliono ancora essere per Anna Marchi portavoci silenziose e possenti di quei richiami a stati di fertilità, opulenza, forza generatrice. Caterina Spiga E. Neuman in "La psicologia del femminile" E Ciaula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, la luna, col suo ampio velo di luce...ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura....nella notte ora piena del suo stupore.-L.Pirandello Scorre la storia dell’arte catturati dalle opere di Anna Marchi, autrice sassarese che, affermando ironicamente di "giocare sul non finito" ci fa ricordare in guizzi repentini tanti esempi insigni imprimendo immediati tocchi di virtuosismo. E’ il mito che viene dipinto con una forte dose di freschezza e originalità. Queste opere sono un bagno in un universo mitico e archetipico. Un universo femminile in cui ogni presenza vive una propria vita interiore in uno spazio dove volteggia, evapora solo il colore. Lo spazio è colore in cui il disegno si distingue emanando con curve e volute, sensazioni e stati di coscienza: E’ il colore unico affabulatore e commentatore-intrattenitore che si "esibisce" in uno spazio in cui linee molto spesso ampie tracciano sinuosità, rotondità di corpi che sprigionano energie destinate a non esaurirsi mai perché emergenti dalla terra che genera, inghiotte, assorbe, rigenera. Corpi muliebri che si concedono stati di abbandono e attesa preludio speranzoso di infiniti ozi verso intimità assolute. Nelle pennellate ardite, tese nella ricerca di cromatismi altrettanto inaspettati che molto spesso offuscano i margini della figura con i loro effluvi come in un hammam, il colore si fissa sulla carta come la porpora al tessuto. Il colore avviluppa come un peplo antico i contorni di queste figure e il cremisi, lo scarlatto, il carminio di certe pennellate ricorda quel "colore del Sangue coagulato, scuro alla luce riflessa e brillante in quella diretta" come ci fa sapere Plinio per "il colore di Tiro". Di notevole attrazione questo colore ferrigno, traslucido, che ci ricorda gli sfondi di bellissimi cammei, aumenta il suo fascino nel riportarci a quelle antiche tonalità rupestri e parietali il cui vigore cromatico propone ancora robusti impatti mentali. Il colore è per Anna Marchi la trasfigurazione pittorica di stati di coscienza intimi e paradigmatici: nella sua pastosità si ispessisce avvolgendo queste moderne metope ieratiche, immote e inaccessibili in un alveo tellurico, grembo riparato e appartato in cui non è dato udire neanche un sussurro. E’ un universo fatto di matres o fantasmi delle madri -Mutter come gli oscuri esseri del Faust (come preferisce suggerire l’autrice)- Korai, muse maghe, eroine che fanno appello a quella fermezza e solidità fatta anche di gesti estremi – come nella lirica e tragedia classica – che si offre senza appetiti né richiami o allusioni a possibili soddisfazioni terrene e carnali. Un mondo femminile che nella composizione tendente alla circolarità ascensionale ( le figure si dispongono sempre in cerchio ) vuole alludere ad un ordine patriarcale in cui una luce crescente, decrescente e continuamente rinnovantesi come quella lunare diventa motore vitale e pulsante di ogni presenza e composizione. Sono di volta in volta questi fasci di luce, provenienti da una fonte lontana, quasi sempre angolare e sullo sfondo, spesso così radiosa da sembrare irreale, a richiamare quella della luna "Signore archetipico delle acque, dell’umidità e della vegetazione, cioè di tutto ciò che vive e cresce. E’ il Signore della vita psicobiologica e perciò del femminile nella sua essenza archetipica, il cui rappresentante umano è la donna terrena… è nutrimento e fertilità … meta centrale dell’umanità" * L’Inno al dio-luna di Ur, esprime l’altrettanta pluralità degli aspetti di quest’astro e d’altronde chi di noi almeno qualche volta non ha sentito la forte attrazione da essa suscitata o non ha subito l’incantesimo delle atmosfere emanate? Tutto ciò risiede senz’altro nel suo essere "essenza archetipica", nell’essere simbolo della coscienza patriarcale, della Grande Madre. Kore, Demetra … vogliono ancora essere per Anna Marchi portavoci silenziose e possenti di quei richiami a stati di fertilità, opulenza, forza generatrice. Caterina Spiga E. Neuman in "La psicologia del femminile"

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